Io ci vengo, però non mi affeziono a nessuno 

 

Da qui in poi partecipo.
Ci sono, presente, attento.
Ci sono, comincio da qui, adesso.
Tutti gli anni precedenti li ho passati dentro a un’incubatrice.
Ho aspettato, respirando , fin dall’inizio.

Hanno provato a strizzarci, hanno provato a schedarci. Tutti, quei bambini, quella classe, la B, quella d’appartenenza, e hanno cominciato con un tema. Ci facevano scrivere, loro, le maestre (una categoria destinata a scomparire) c’hanno provato, stupide: descrivi l’angolo di casa tua che preferisci.
Svolgimento: Io, un angolo preferito non ce l’ho. Punto.

Era l’87, seconda elementare, Italia. La nota sul diario mi fece capire che si trattava di roba seria. In quel periodo il portiere poteva ancora prendere con le mani il pallone da un retropassaggio del compagno, io avevo sette anni e il Pinna doveva ancora restituirmi il mio Principe Adam, il babacio muscoloso della saga Masters, un delirio fantasy forse prodotto dai francesi. Gli avevo prestato quello che non si era ancora trasformato in He-Man, lui stava ancora sul terzo scaffale a destra dell’Iperpala, il primo centro commerciale della mia città in Piemonte.
He-Man devo averlo poi rivisto a un gay pride che ballava techno su un carro a Torino e il Pinna è rimasto un ottimo amico. Fabbricare due babaci per lo stesso personaggio è un’idea intelligente, come se facessero i pupazzi della Famiglia Addams nella versione “prima di farsi l’eroina” e poi come li conosciamo noi. Bravi, bel business.
<<Suo figlio denota svogliatezza>>, scrisse sul diario la maestra (e io che pensavo si trattasse di sincerità), <<è consigliato seguirlo e spronarlo>>.
Grazie.

Ho appena spaccato il parabrezza della Puntoblumerda con un pugno, un gesto di stizza. Vai a sapere, ho sbagliato strada, ho perso tempo a girare in tondo su di una statale del cazzo. La macchina non è mia, è di mia madre, e per questo un po’ mi dispiace.
Il nuovo ragno di cristallo che si espande sul vetro è largo quanto un coperchio di una pentola a pressione ma non dà fastidio alla guida, quindi posso tenerlo per un po’. Fino a che non trovo i soldi, ai carabinieri potrà dire che sono passato da Tortona. Chissà se la capiscono.
Sto tornando da un posto, è l’una di notte, non mi sono divertito affatto: niente figa, niente show, nessun vero spettatore, solo un bel po’ di vino di cacca, il Grignolino. Che figli di puttana.
Dal momento che era il vernissage della mia mostra dovevo esserci per forza, ma quando non c’è la figa e non c’è pubblico pagante l’aggregazione mi annoia.
La strada è vuota, sono sbronzo ma quella sbronza che la televisione non riporta, quella che se vai così è solo un bene: secco e preciso.
Questo è l’ultimo tentativo, se vendo tutto continuo, altrimenti mi metto a fare altro; dovrò cambiare il parabrezza, per esempio.
Arrivo a destinazione, un altro paese di guano che accoglie una serie di eventi culturali a cazzo: mostre fotografiche, concerti, merda fritta. Ci volevo essere solo per le signorine ma niente, stanno già smontando tutto e vaffanculo.
<<No, non mi sono fatto male, sto bene, dammi una sigaretta per favore che sennò accoltello il fonico>>, dico a Salvietta, la mia amica tutta piccola che mi sta facendo da sorella minore. Ripara tutto, è brava ed è grande come le sagome che mettono fuori dalle librerie quando esce un libro nuovo. Perché ci metti la sagoma, coglione, basta il titolo.
Prendo un caffè mentre il gruppo dei nostri amici sta caricando in macchina la strumentazione. Il bar è del ’74, alla barista hanno investito la sorella e il caffè è uno spettacolo. Coincidenze.
Tornando in città, ci fermiamo ai giardini comunali per mezz’ora, è un bel posto se non hai il parabrezza rotto.
La mia compagnia è composta da una dozzina di frequentazioni che cambiano a seconda dell’ora. Lavorano più o meno tutti, alcuni sono in cassa integrazione, altri a educare matti minorenni e matti vecchi.
C’è stato il boom una decina d’anni fa: i matti spuntavano come funghi e le comunità si sono rimboccate le maniche, tanto colori e poesia umana. I matti dicono cose meravigliose, secondo gli educatori, a me però sembra che succeda tutto soltanto i primi mesi d’inserimento lavorativo. Poi non se ne senta più parlare. Come le puntate di Lost.
Ci sono anche quelli dell’Alberghiera, loro sono chimerici, potendo si farebbero di L.S.D. e bamba anche in servizio. Ma non possono, poverini, in servizio guai, seri e distinti, camice e portamento tedesco, centinaia di case vinicole e piatti a memoria, ingredienti, tempi, sorrisi, discrezioni, silenzi, comande, cocktail, mezzi inchini. Adorabili.
Siamo tanti, quasi tutti piemontesi, sparpagliati per le ventiquattr’ore e io non avendo orari sto con loro sempre. Loro sono tutti operai, educatori, cuochi e camerieri, piccole impiegate. E poi cominciano a starmi sul cazzo gli studenti.
Ho ventinove anni ed è il 2009.
Giugno su luglio, siamo nelle budella calde dell’anno, ho finito la mia permanenza invernale a Torino e ora sono tornato a vivere coni miei (ho un po’ paura) in provincia.
Fa fresco, e sto pensando alle migliaia di cose che si potrebbero fare avendo un po’ di soldi. Ormai ci siamo, è giunta l’ora di annusare i documenti, la dichiarazione dei redditi e il commercialista. Fatto sta che domani comincio a guardarmi in giro, devo fatturare, penso che si dica così, in mancanza d’occupazione.
Le ragazze sono serene, il fidanzato di Salvietta vorrebbe già essere a casa perché ha suonato tutto il giorno; lui vende occhiali e compone musica, si è innamorato di Salvietta e noi siamo contenti. Sono fatti l’uno per l’altra, però adesso è stanco, e anche noi; così ci si congeda, molli, ognuno con le proprie cose da fare. Lui si chiama Gioele e crediamo tutti sia un genio, forse anche lui.
Sogni d’oro.
La strada che mi porta a casa è una pista, di notte è scorrevole e accogliente, l’unica scocciatura rimane il sedile del passeggero: senza nessuno sopra la macchina sembra vuota, e siccome la strada la conosco bene e sono bei posti mi piacerebbe illustrarla a qualcuno, come la prima volta, come quando si è innamorati.
Già pochi metri prima di casa mia faccio mente locale sulle manovre per parcheggiare, slaccio la cintura all’ultima curva e spengo i fari per non accecare il cane. Si chiama Blu, non è il mio ma vive nel cortile di casa e lo conosco bene, è un cane da frisbee, un Border Collie. È sempre legato alla catena e non sa neanche cos’è un frisbee, ma abbaia e ulula come i cani, come alcuni cani per l’esattezza.
[…]

 

M.A.MORBELLI

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THEMORBELLI: Rallentare per rinascere | Intervista

By Nicolò Granone 

Ho già avuto il gusto di intervistare THEMORBELLI (la recuperate qui), ma anche in questo caso si tratta di una piacevole intervista nella quale non si è parlato solo di musica.

Il nuovo singolo, Il Rinascimento, vede il rapper, cantautore, artista a 360° che è THEMORBELLI in una svolta più romantica e più allegra, molto importante visto il periodo in cui ci troviamo.

Rinascere a volte è difficile perché spesso siamo confinati dentro paure o ansie dalle quali non riusciamo a tirarci fuori. Un incontro inaspettato, una svolta lavorativa o anche un piccolo imprevisto possono essere causa di nuove scoperte, nuovi amori o nuove passioni di cui abbiamo sempre avuto il bisogno, magari senza saperlo.

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